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ricordo ella provò un improvviso sgomento. Egli non aveva mai tardato tanto a rincasare: qualche incidente gli doveva esser dunque accaduto. Le imprecazioni ch’ella gli invocava le caddero ai piedi, come cambiate in pietre roventi; poi caddero anche gl’improperî; e dal subbuglio nebbioso dei suoi cattivi pensieri la figura del marito emerse vittoriosa, ritornando ad essere quella di Giollo, il giovinottone forte e rosso come un toro: un toro che sotto il petto velloso nascondeva un cuore di agnello.

Ed ecco ch’ella si scolorì tutta, anche nelle mani, come si scoloriva il cielo sopra il mare: e sentì freddo, e sentì paura. Adesso, davvero, il senso della solitudine e della prigionia le gelò il cuore: vide il fumo salire dal camino di Panfilio, vide una stella, poi un’altra, impigliarvisi dentro, maliziose e dorate come gli occhi del gatto che gioca col gomitolo; e si attortigliò anche lei ai ferri della ringhiera, col proposito di buttarsi giù se fra cinque minuti Giollo non tornava.

I cinque minuti passano, e Giollo non torna. Si sentivano, sì, nella strada ovattata di sabbia, i biroccini tornare, e le voci dei loro padroni che aizzavano i cavalli; ma, fra tutte, quella del suo uomo taceva. Allora si mise a gridare:

— Panfilio, Panfilio!

L’asinello innamorato le rispose con scherno: pareva le dicesse: