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filigranati di frutti, davano l’idea di alberi di corallo in un fondo marino.

Tutto questo non impediva alla bella Cristina di credersi la donna più infelice del mondo, chiusa nella torre per espiare un delitto non commesso, o dal marito geloso: e chiusa vi era, dal marito, ma perché ella non se ne andasse in giro, lasciando aperta la villa, della quale erano custodi.

*

Il marito, che oltre al custodire la villa, faceva l’ortolano, era andato in città per un suo affare, imponendo alla moglie di vigilare dall’alto della torretta sull’orto e l’entrata della casa: e per essere più sicuro l’aveva chiusa a chiave, consegnando poi questa chiave a Panfilio, il vecchio contadino che coltivava l’orto vicino al suo. Ella lo sapeva, e aveva voglia di urlare, di spaventare i vicini, di richiamare gente. «Figlio di un boia, figlio di un cane, malandrino e somaro», erano i titoli più educati fra quelli che in quel momento ella dava al marito; e gli augurava la mala morte, o per lo meno di rompersi uno stinco; o che arrivassero davvero i ladri e saccheggiassero l’orto e la villa: lei avrebbe finto di svenire, per stare zitta.

Nulla però di tutto questo succedeva: sulla spiaggia pulita e argentea come un vassoio pas-