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LA DONNA NELLA TORRE
La bionda Cristina stava affacciata alla ringhiera di ferro della sua prigione, a meditare sul suo triste destino: ma bisogna subito dire che questa prigione consisteva in una stanzetta piena d’aria e di luce, una specie di belvedere coperto, con quattro finestroni che si aprivano sui quattro punti cardinali della torre di una grande villa, anzi di un surrogato di castello, in riva al mare.
Grande e bello era il mare, in quella sera del tardo agosto, e le paranze, appena partite per la pesca, vi si avanzavano lentamente a coppie, quasi leziose, come ballerini in una sala dove ancora non è cominciata la danza: ma grande e bellissima era anche, dal lato opposto, la campagna, con la festa delle vigne cariche d’uva, i prati arati, alle cui zolle l’arancione del tramonto dava tinte di rame; e, in fondo, le muraglie verdi dei pioppi scintillanti di occhi di rubino. Nell’orto sotto la villa, in un campo di lattughe tenere, i susini rossi, coi rami completamente