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dina nera, con un rastrello nelle mani di osso, si stacca dal turchino sinistro del mare e sale l’arenile gridando:

— Un bambino si annega.


Di qua, di là, come le mantidi dal fieno, balzarono uomini e ragazzi, tutti diretti di corsa alla riva.

Anche la donna ci andò. I tacchi alti delle sue scarpette si ficcavano come chiodi nella rena, quasi per impedirle di continuare: arrivò quindi che già una siepe umana dai colori dell’iride s’era stesa per un lungo tratto della riva.

Tutti, con la mano sugli occhi, guardavano verso un punto lontano, dove non si vedeva che il ribollimento verde e lilla delle onde: e queste, basse, cattive, arrivate alla sponda mordevano coi loro denti di schiuma i piedi nudi della folla carnevalesca e tragica; poi tornavano indietro di furia e nello scontrarsi con quelle che arrivavano pareva si comunicassero a vicenda un segreto pauroso.

Gli uomini si erano già tutti buttati in mare, fino alla zona ove questo appariva turchino: alcune donne piangevano, pur coi loro bambini stretti forte per la mano. Gridi e domande s’incrociavano per l’aria.

— Ma chi è? Ma dov’è? Ma come è stato?

Nessuno sapeva il nome dell’infelice: eppure