Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 5 — |
nella sua voce asprigna; c’era una semplice constatazione di fatto.
La nonna ebbe voglia di darle un volgarissimo ceffone: ma aveva anche lei soggezione dell’ambiente. Soggezione e rispetto. E, forse anche per questo, spiegazzò qua e là le carte colorate, tentata di strapparle: l’altra lasciava fare, inaccessibile.
— Ma via, Alys, questo si chiama offendere il Signore. Egli ti ha concesso tutto, nella vita, e tutto tu disprezzi.
— Ma no, nonnina; sei tu che sei nervosa, oggi. Io non disprezzo niente.
— Sì, che disprezzi la tua fortuna. Ricordati come eravamo; povere, sotto la nostra apparenza decorosa: e sole, nella nostra bicocca laggiù, — accennava al paese, in fondo alla collina, dal quale ella veniva, — senza l’aiuto di nessuno: eppure tu eri un raggio di sole, non per me, ma per te stessa. E studiavi; e tante cose volevi fare. Dicevi che aspettavi anche il Principe Azzurro. E il principe venne, Alys....
Alys fece finalmente una smorfia: da vera monella,
— Anzitutto ti prego di chiamarmi col mio nome di allora: Alice. In quanto al principe, fu poco azzurro; ma non importa.
— Volevi forse davvero quello della leggenda?
— Oh, no, davvero, — ella replicò, imitando la voce della nonna; — sarebbe stato così noioso.