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zione al problema della miniera, e l’ingegnere gli appariva come un inviato da Dio.
— Io non credo molto in Dio, — diceva, seguendo la scia del suo pensiero; — ma pure qualche cosa grande ci dev’essere, se c’è il sole, il mare, il firmamento. E poi certe cose, nella vita: certe cose che, a raccontarle, sembrano inventate. Una volta...
E qui un altro rosario di avvenimenti inverosimili, che avrebbe fatto rabbrividire uomini meno solidi dell’ingegnere.
Intanto il sole era tramontato dietro il monte, e dalle lande argentee del mare saliva la luna: l’aria, sebbene il vento fosse completamente cessato, si faceva fredda, densa, come si congelasse repentinamente. E tutte le cose, a misura che s’alzava la luna e il suo chiarore si fondeva con quello del crepuscolo, avevano di nuovo uno scintillìo minerale, ma gelido, triste, inumano.
L’ingegnere lo sentì fino al cuore: si alzò, ebbe voglia di stirarsi, come una bestia dopo che è stata a lungo nel covaccio; sbadigliò, anche, e disse che bisognava mettere al riparo il cavallo. A questo ci pensò il vecchio, conducendo la bestia sotto una tettoia a fianco della casa; e scrollò con disprezzo la testa quando l’ospite domandò:
— C’è pericolo che me lo portino via?
— Con quell’anima in vigilia che è il mio cane? Non rotola una pietruzza che esso non se ne accorga.