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figliuolo; dare lavoro e benessere alla popolazione, forse all’intera regione. Non si vive solo per noi, nella vita; bisogna guardare più in là. Noi possiamo intenderci, signor Gilsi, perché anche lei è un galantuomo. Riguardo al resto, niente paura. Io non sono superstizioso. Non sono giovanissimo, — proseguì, sempre volgendo e rivolgendo la carta misteriosa, che adesso gli sembrava un’antica pergamena, — ma sono ancóra forte, sano, pieno di volontà. Vivrò qui, se lei mi aiuta, in lotta con la materia, con la morte stessa, se occorre: ma vincerò io. E sopratutto si metta in mente, signor Gilsi, che io non voglio ingannarla: lei non sarà defraudato di un centesimo.

— Non è questo, non è questo — insisteva il vecchio, scuotendo lentamente la testa: ma aveva anche lui sollevato il viso cereo, e come dal fondo di una caverna gli occhi andavano, quasi chiedendo soccorso, verso quelli del forestiero: poiché anche lui vedeva il problema risolto; la responsabilità addossata ad un altro, l’incantesimo rotto.

L’ingegnere capiva: fu per dire:

— Sposerò sua nipote.

Ma ebbe paura: di che, precisamente non sapeva, per il momento; paura che il vecchio intese, poiché era il suo stesso male, e che tentò, a sua volta, di dissipare.

— Sì, lei può fare molto, qui, — disse.