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la via del male 75


Verso il tramonto le donne smisero di lavorare, dopo aver deposto il pane e i dolci entro i canestri d’asfodelo: la cucina calda odorava di sapa e d’uva passa cotta.

— Ora dovrei andare alla fontana, — disse Maria, scuotendo l’anfora vuota. — Se vuoi venire, Sabina, passeremo davanti alla tua casa; tu prenderai la tua anfora e andremo assieme.

Indossò la tunica, gonna di orbace orlata di nastro cremisino, mise sul capo l’anfora rovesciata e uscì con la cugina, alla quale zia Luisa aveva colmato di pane e dolci il grembiale.

Nella casetta di Sabina la vecchia nonna filava, badando alla piccola mola tirata da un asinello grigio bendato e silenzioso.

La pietra della macina, l’asinelio e il viso affumicato di zia Caderina avevano lo stesso colore cenerognolo, e parevano d’una medesima sostanza; e in realtà formavano una stessa cosa. I pensieri della vecchia erano sempre corsi dietro l’asinello, e l’asinello aveva sempre tirato la mola; la mola ogni giorno sgretolava un quarto di frumento e rendeva così mezza lira: quanto bastava a zia Caderina. Sabina lavorava e si sosteneva da sè.

— Come va? — chiese Maria alla vecchia, mentre Sabina attortigliava una straccio per farne un cercine.

— Si cammina, si cammina... — rispose la donnina, accennando una strada invisibile.

— Andiamo, — disse Sabina, chinandosi per passare sotto la porticina.