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64 | la via del male |
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Raramente qualche mandriano, qualche paesano a cavallo, qualche donnicciuola di Lollevi con un canestro colmo di formaggio sul capo e una gallina in mano, attraversavano il sentiero a fianco del terreno lavorato da Pietro. Un saluto semplice, rozzo, animava per un attimo la solitudine; poi il cavallo si perdeva fra i ginepri, la donnicciuola fra i radi olivastri del pendio; poi ancora silenzio.
E Pietro lavorava e sognava, sotto il cielo autunnale sempre ineffabilmente triste e velato dalle nebbie grigio-rosate delle tarde aurore, dai vapori violacei della sera, dalle nuvole gravi dei giorni cattivi, quando le macchie verdi e rossastre pareva si gonfiassero d’umido, e le roccie bagnate diventavano più grigie e tristi.
Per quasi un mese, egli non fece altro che smuovere e vincere la terra, e lasciarsi smuovere e vincere dall’amore.
Di sera si ritirava in una capanna; si sdraiava su un giaciglio di fronde e si copriva col sacco datogli da Maria. Anche per mangiare si ritirava lassù: qualche giorno faceva cuocere delle patate, altre volte si contentava di abbrustolire il pane sul quale versava poche goccie d’olio. I buoi pascolavano sulla china; Malafede, non avendo altro da fare, starnutiva ogni momento e abbaiava contro le foglie portate dal vento.