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la via del male 61


Egli credeva in Dio e nei Santi, andava a messa, e si confessava e comunicava per la santa Pasqua, ma non era divoto, non pregava mai, non pensava mai alla morte e all’eternità: in quei giorni, però, era un po’ sentimentale, un po’ mistico e più credente del solito.

Una sera, infatti, quando fu lassù, nel suo aronzu1, egli sentì bisogno di pregare, come una donnicciuola.

Intorno a lui il paesaggio, sublime di tristezza, taceva sotto il crespuscolo argenteo. Era un luogo desolato: prati melanconici sovrastavano alle chine coperte di folte macchie di lentischio, di ginepro, di cisto selvatico, il cui verdissimo ondulare veniva qua e là rotto da roccie grigie e nere che nell’incerto crepuscolo davano l’idea di mostri pietrificati.

Tutto il paesaggio, del resto, pareva un deserto mai abitato dall’uomo e vigilato soltanto da una deità selvaggia o dallo spirito di un eremita preistorico.

Pietro s’inginocchiò per terra, si fece il segno della croce e pregò: gli sembrava d’essere in una chiesa senza pareti; le stelle ardevano sull’orizzonte, ceri lontani accesi da spiriti invisibili; il ginepro esalava un odore d’incenso.

Pietro aveva paura come se stesse per morire: una malattia mortale s’era sviluppata in lui, ed egli ne sentiva tutto il pericolo.

  1. Il luogo dove si ara.