Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
56 | la via del male |
Pietro non riuscì mai a sapere se zio Nicola avesse o no lanciato la sua scarpa sul muso di qualche ricco proprietario. Del resto il padrone si vantava sempre di atti più o meno eroici da lui compiuti durante la sua giovinezza, ed esagerava le sue avventure amorose: una volta lasciò capire di aver sposato zia Luisa senza amore, soltanto per fare un buon matrimonio.
— Lei però era innamorata, oh, sì, come è vero Dio. Io ero povero, sì, ma ero un bel giovine. Non faccio per vantarmi.
— Eh, si vede ancora! — lo adulava Pietro.
— Bellezza è metà dote, ragazzo mio...
Questi discorsi esaltavano Pietro.
— Se non ci fosse quel nibbio ingordo di zia Luisa... — egli pensava.
E il vino, il tepore del fuoco, il benessere della cucina, sulle cui pareti le innumerevoli casseruole di rame luccicavano e ricordavano al servo la ricchezza dei padroni, destavano in lui un’ebbrezza d’amore e di ambizione.
— Ah, sì, bella cosa esser benestanti, con una moglie piacente e giovane: sposarsi senz’amore, no, ma sposarsi bene, avere l’amore e la roba, questa è davvero la felicità!
— Chi sposerà Maria? — egli pensava sovente. — Il tale, o il tale? Forse un signore, un laureato, forse un paesano ricco. Non un povero, certo, e tanto meno un servo! Per ora ella non ama nessuno.
Questo pensiero lo rallegrava tutto. Poi, qualche volta, si sorprendeva a pensare che dopo tutto