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creatura d’una razza boriosa e superba. Ma al servo piaceva appunto così. Qualche volta egli pensava ancora all’altra, alla cugina povera, e desiderava rivederla e venire con lei ad una spiegazione; ma a poco a poco anche questo desiderio dispettoso svanì. Per due settimane il cuore di Pietro tacque, ma assopito e gonfio come la terra durante il periodo invernale.

Qualche sera il padrone si tratteneva a lungo nella cucina ove già il fuoco ardeva, e invitava Pietro a bere e cantare. Se le donne non vigilavano, padrone e servo bevevano oltre misura, e zio Nicola narrava, in versi estemporanei, gli episodi più caratteristici della sua vita.

Anch’egli era stato povero, aveva girovagato in cerca di fortuna, aveva amato e sognato.

— Povero o ricco, sempre allegro, però; Zente allegra il ziel l’aiuta, — diceva in italiano. — Una volta avevo le scarpe rotte; e pensai: appena incontro un proprietario, mi levo una scarpa e gliela sbatto sul muso. Indovina chi ho incontrato!

— Il padre di zia Luisa! — disse Pietro, beffardo.

Il padrone lo guardò con occhi brillanti.

— Sei il diavolo, tu? Come hai fatto a indovinare? — gridò, battendo lievemente il bastone sulle spalle del servo.

— Ma è davvero? — chiese Pietro meravigliato.

— Sicuro: è vero. Verissimo come è vero Dio.

— E la scarpa gliela avete scaraventata sul muso?

— Ah, ah, ah, come sei furbo!