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la via del male 49

non sente tutto il decoro della sua posizione; ma è tanto giovane, eppoi è anche furba. Ah, ella farà certo un buon matrimonio. Eppoi è così istruita! Ella tiene i conti o i registri come un notaio: ella ne sa quanto un avvocato. Senza di lei come avremmo fatto io e suo padre, che non sappiamo leggere nè scrivere? Ah, sì, — concludeva sempre zia Luisa Noina, — ella sposerà un uomo ricco, magari un laureato, ma un laureato ricco, non uno di quelli che cercano un appoggio nella famiglia della sposa.

A mezzogiorno la pigiatura era finita; il desinare pronto. Maria mise per terra, nel mezzo della cucina, un canestro colmo di pane di frumento, e intorno al canestro depose dei piatti concavi, di creta rossa, entro i quali zia Luisa aveva distribuito le patate e la carne di pecora. Poi la giovane padrona chiamò le ragazze, che si lavavano con l’acqua del pozzo. Anche zio Nicola s’avvicinò zoppicando alla bejone, largo e concavo vassoio di sughero deposto sovra una vasca di pietra, vuotò l’acqua sporca, ne versò una secchia di pulita e si lavò: poi, col barbone stillante, entrò in cucina, s’asciugò, e sedette al suo posto distinto, vicino al tavolo. Gli altri mangiavano già, avidamente, seduti per terra intorno al canestro, coi volti rosei e lieti velati dal fumo delle vivande.

— Buon appetito, — disse il padrone, allungando la sua gamba. — Moglie mia, cos’è questo brodino che m’hai preparato? Almeno oggi che ho lavorato dàmmi da mangiare quello che mangiano gli altri: dàmmi un po’ di quella carne di pecora.