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la via del male 47


— Ah, vecchio barbuto, chiamo vostra moglie... — strillava l’altra ragazza, verso la quale zio Nicola aveva steso la mano.

— Uva, qui! — gridava Pietro, curvandoci sul pigiatoio. — Padrone, così incitate a lavorare? E cosa fa la padrona?

— Che vuoi? Neppure lei sa cosa farsene di me! — sospirava il padrone.

Invece di zia Luisa ogni tanto veniva fuori Maria, con un fazzolettino giallo sul capo. La sua camicia e il suo corsetto verde smagliavano al sole e richiamavano lo sguardo di Pietro. Egli guardava il bel viso di lei, le labbra lucenti aperte al riso, e una fiamma fugace gli attraversava la fronte.

Ma se qualche volta ella, inquieta per il disordine del cortile, e per le mosche che penetravano anche nella cucina, si avvicinava al tinaccio e al carro e sollecitava l’opera, Pietro le parlava beffardo.

— Presto, presto: son già le dieci; se a mezzogiorno non è tutto finito m’appicco...

— Appiccati pure, ma non tanto in alto, che non si vedano le gambe...

Una volta ella salì la scaletta e guardò entro il tinaccio; poi sollevò gli occhi e guardò tranquillamente le gambe bianche e muscolose di Pietro. Anch’egli la guardava dall’alto, e mentre le diceva con voce dispettosa:

— No, non sono di ferro le mie gambe: quando ho finito ho finito, — sentiva una strana gioia sollevargli il cuore.