Pagina:Deledda - La via del male, 1906.djvu/38

36 la via del male

vago umidore errava nell’aria profumata dall’aspro odore dei pampini. L’estremo autunno s’avanzava, annebbiando l’orizzonte e tingendo di violetto il tramonto melanconico.

Varcando il rozzo cancello di rami che dava sullo stradale, Pietro non degnò neppure d’un ultimo sguardo la vigna spogliata, la capanna deserta, dove aveva trascorso tanti giorni sereni e fantasticato tanti sogni umili e ardenti. Si sentiva triste, irritato; mai come in quel giorno aveva capito tutta la desolazione della sua povertà e del suo abbandono. Oramai era convinto che Sabina non lo amava: altrimenti sarebbe venuta. Le altre donne, per il momento, gli riuscivano odiose; gli sembravano tutte civette, fatue, o sensuali o beffarde. Nessuno gli voleva bene; nessuno gliene aveva mai voluto. Non aveva una sorella, una parente giovane con la quale volersi bene e confortarsi a vicenda. Niente; solo quei due vecchi stracci di zie curve sotto il peso d’una vita di miseria: due piccoli fantasmi senza voce.

Egli si sentiva solo nel mondo, e gli pareva che tutti i suoi affetti rientrati, ammucchiati sul suo cuore, marcissero come frutti che nessuno aveva voluto cogliere.

Quella sera lo stradale era animato più del solito; carri carichi lo attraversavano, lenti e gravi, seguiti o guidati dal conduttore che trascinava il pungolo sulla polvere e cantava canzoni popolari:

Rosa ses pelegrina in sa Sardigna...