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276 | la via del male |
restasse nella vita; e per questo scopo egli da anni ed anni combatteva, e quest’ambizione lo aveva reso astuto, paziente, fine.
Non frequentava le bettole, non andava in compagnia di persone sospette. Invano la moglie del bettoliere toscano correva sulla porta ogni volta che egli passava di là per recarsi dai Noina; egli non la guardava neppure. Passati quei tempi! In casa dei suoi ex-padroni veniva accolto con deferenza, come un amico; solo zia Luisa, pur mostrandosi affabile quanto il suo carattere solenne glielo permetteva, non mancava qualche volta di ricordargli la sua origine e la sua antica condizione.
Un giorno, poche settimane dopo la morte delle zie, mentre egli se ne stava davanti alla sua casa, badando all’opera dei muratori che fabbricavano un muro, venne a cercarlo l’Antine.
Il piccolo uomo intraprendente s’era vestito da borghese; aveva i capelli grigi, ma il suo viso sbarbato conservava l’espressione giovanile che lo rendeva tanto simpatico. Da qualche anno l’Antine aveva sposato una ragazza povera, ma di buona famiglia, e s’era stabilito a Nuoro, dove fra le altre cose faceva lo strozzino.
Da qualche tempo Pietro e l’Antine avevano sciolto la loro società, e ciascuno negoziava per proprio conto: ma non cessavano di vedersi e di rendersi dei servigi.
L’Antine si fermò con Pietro davanti al muro in costruzione: era una bella giornata di febbraio, faceva piacere starsene al sole.