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258 | la via del male |
tanto gli occhi con la manica della camicia, — tu che sei misericordiosa coi buoni, sii implacabile coi malvagi. Punisci in questa vita e nell’altra colui che ha assassinato l’uomo più mite della terra, il mio figlio di latte, il garofano mio.
— Francesco Rosana, — diceva la zia del morto, — oh, tu, che eri il più bel sogno di tutte le fanciulle nuoresi, tu che eri il fiore dei giovani, quando baldo e fiero sulla tua cavalla bianca attraversavi le tue tancas e facevi mille progetti per l’avvenire, pensavi tu che saresti morto in modo così orribile? Ma chi di ferro ferisco di ferro perisce. Maledetto colui che ti ha colpito; maledetto.
— Maledetto: quante gocce di latte ho dato al morto, tante ferite ti trapassino il cuore, assassino! Ah, figlio mio di latte, tu dunque non rivedrai più la tua sposa; tu non cullerai i tuoi figli, come io, che non ero tua madre, ti ho cullato...
— Oh, sorte tremenda; i nipoti ricorderanno la morte di Francesco Rosana, imprecheranno contro l’assassino. Non vedeste? Ieri il sole era pallido e le nubi coprivano i monti, perchè anche il cielo piangeva la morte di questo giovine amato e generoso.
— Eri giusto e fedele; eri l’orgoglio della tua stirpe, l’appoggio e la stella dei tuoi parenti. Ora la tua sposa piangerà, vestita di nero come la Madonna dei Sette dolori, ed i tuoi parenti cammineranno a testa curva per tutto il resto della loro vita.