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XIX.

L’indomani, verso le dieci del mattino, una ventina di donne, sedute in circolo nella cucina dei Noina, piangevano e bisbigliavano, aspettando che i sacerdoti venissero e portassero via la salma di Francesco. La sventura ed il lutto eran piombati come fulmini sulla casa dei felici; e le cose tutte, in quell’ambiente già così tranquillo e ordinato, pareva ne restassero sbalordite. Il disordine regnava in tutte le camere; levate le cortine, velati gli spinelli, chiusi gli sportelli delle finestre, i pavimenti polverosi. Nella camera degli sposi, intorno alla cassa mortuaria foderata di velluto nero e di trine d’oro, ardevano otto lunghi ceri; nella camera attigua, dove s’era dato il pranzo nuziale, zio Nicola, col viso terreo e gli occhi cerchiati, riceveva le condoglianze dei parenti e degli amici. La penombra giallastra della camera chiusa rendeva più tristi i volti bruni, tragicamente pensierosi, di quegli uomini fieri che non mentivano il loro dolore.