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la via del male 251


Allora si mise a correre, s’inoltrò nel sentiero ed arrivò allo svolto, sotto le roccie dalle quali un giorno aveva creduto scorgere la figura di Pietro Benu.

Tre uomini stavano fermi fra le pietre e l’erba: udendo i passi di Maria si volsero, emisero esclamazioni di sorpresa e di dolore, poi si unirono tentando d’impedirle il passo. Ma ella vedeva...

Non gridò, non disse parola: respinse uno degli uomini che la teneva per le braccia, s’avanzò e cadde in ginocchio.

Francesco Rosana era là, steso sull’erba calpestata, col viso quasi tutto nascosto da un cespuglio d’asfodelo. Si scorgevano solo le sue orecchie, la nuca, i capelli irti, una guancia bianchissima. Larghe chiazze di sangue nerastro macchiavano le sue vesti, le pietre e l’erba: anche la sua mano destra, con la palma rivolta all'insù, era coperta di sangue.

Accorgendosi ch’egli era morto i pastori non l’avevano mosso, in attesa delle Autorità che uno di loro era andato ad avvertire.

La luce argentina dell’alba penetrava attraverso le quercie ed i rovi che tremolavano alla brezza; sulla siepe già i fili dei ragni, sparsi di goccie di rugiada, brillavano simili a fili di perle; e l’allodola proseguiva il suo canto, e dall’alto delle roccie solo la luna pareva vigilasse il cadavere, come un cero funebre.