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la via del male 249


Ella chinò ancora la testa e s’assopì.

Le parve di aver dormito appena un momento, ma quando si scosse vide la luna alta sul cielo, e balzò in piedi rabbrividendo.

— Zio Andria! Zio Andria...

Nessuno rispose. L’avevano dunque lasciata sola, l’avevano abbandonata! Ella sentì voglia di gridare come una bambina smarrita, ma poi si scosse, uscì fuori della capanna, si guardò attorno e s’avviò.

La luna, al suo ultimo quarto, illuminava le tancas con un barlume giallognolo, quasi funereo.

— Se anche zio Andria s’è allontanato deve essere accaduta una disgrazia, — pensò Maria.

E d’un tratto sentì un coraggio supremo animarla: affrettò il passo, varcò la muriccia, s’inoltrò nel bosco e seguì il piccolo sentiero sul quale la luna, attraverso i rami delle quercie, gettava un ricamo giallognolo, un chiarore vago e triste.

Spinta dal suo dolore e dal coraggio della disperazione, Maria camminava sotto il bosco, nella notte morente, come una figura da leggenda: le cose più tragiche, il chiarore della luna calante, il bosco misterioso, la paura, il presentimento, il rimorso, la disgrazia e il delitto la circondavano; ma ella passava fra tutte queste cose con quella sua forza di volontà inconsapevole che formava il suo carattere e la guidava attraverso la vita come attraverso un bosco tenebroso.

Non piangeva più: voleva sapere, voleva convincersi: il suo maggior dolore era l’incertezza