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farò un letto più bello del vostro letto di sposi. Io dormirò fuori, sotto la siepe, o costruirò un’altra capanna: qui, in quest’angolo, faremo un bel giaciglio di felci, sulle quali stenderemo il materasso, i cuscini e le coperte che arriveranno da Nuoro.

Infatti s’avviò verso il ruscello, sulle cui rive le felci spiegavano i loro ventagli dentellati, ne falciò un mucchio e prima di portarle nella capanna lasciò che il sole ne assorbisse la rugiada.

Verso mezzogiorno arrivò il servo con un carro carico di roba: materassi, cuscini, coperte, provviste.

Maria mise in ordine ogni cosa; poi i due sposi se ne andarono a veder le vacche e a visitare tutta la tanca. Il sole quasi ardente inondava i pascoli; le alte quercie scintillavano; i prati coperti di reseda e di ranuncoli parevano spruzzati d’oro; ogni cosa brillava nella luminosità di quel limpido e silenzioso meriggio. Le locustelle saltellavano sui rovi fioriti; farfalle in colore dei fiori, insetti in colore dell’erba, animavano la solitudine divina del bosco, nei cui ceruli sfondi, dietro le roccie e i muricciuoli verdi di musco, il cielo pareva un mare lontano: un mare di sogni.

Francesco Rosana aveva un sentimento istintivo della natura. Col suo modo d’esprimersi un po’ affettato, diceva alla sua giovine sposa, cingendole la vita col braccio, e guardandola con occhi amorosi:

— Una volta ho visto una Bibbia con le figure colorate: c’era il paradiso terrestre con alti alberi