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la via del male 199


Per qualche momento ella stette a guardarseli con compiacenza infantile, poi chiamò Sabina e sollevò alquanto le sottane.

— Quanta come sono bellini i miei piedi. — le disse, con la sua solita voce un po’ ironica.

Sabina spalancò la finestra e si volse pensierosa a guardar la cugina. La luce di una limpida giornata inondò la grande camera rosea; i paesaggi incrostati di madreperla, dipinti sulla testiera del magnifico letto, si tinsero d’un riflesso d’aurora. Nel cortile garrivano le rondini, i galli cantavano ancora. Tutto annunziava pace e letizia.

Nella camera attigua zio Nicola sbadigliava rumorosamente. E già qualcuno picchiava al portone.

— Presto, puliamo la camera, — disse Sabina, già rimettendo in ordine ogni cosa. — È una bellissima giornata. Buon augurio.

— Senti come scricchiolano, — riprese la sposa, intenta ai suoi stivaletti. — Sembrano le scarpe di Francesco. Come sono strette, però! La gente mormorerà, vedendomi calzata con stivalini lucidi! Che ne pensi?

Sabina sorrise, un po’ sdegnosa. Possibile che Maria non avesse altre preoccupazioni, quella mattina? Perchè era così leggera? Beata lei che poteva dimenticare, e vivere di piccolezze!

Ma no; ad un tratto il bel viso calmo e sorridente della sposa si annuvolò, i suoi occhi diventarono quasi tristi. Sabina la guardò e le chiese con ironia:

— Ti fanno male i piedi?