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da quello uccello di rapina. Anche lei, sì! lei più di tutti, in certi momenti; ma anche durante questi impeti d’odio, che gli ricordavano i suoi primi giorni d’amore quando aveva desiderato Maria con l’ardore selvaggio di un predone, la passione lo dominava, feroce. Allora egli ritornava l’uomo primitivo: tutto quanto v’era di generoso in lui, e quell’istinto di bontà quasi femminea che lo aveva ingentilito durante il periodo felice del suo amore, tutto cadeva, come al cessare della primavera cadono le ali delle farfalle. Restava solo il bruco, immondo e devastatore.

Sogni tormentosi turbavano il suo riposo: le sue notti erano più tristi dei suoi tristi giorni.

Quasi sempre egli sognava un corteo di nozze che attraversava l’altipiano e calpestava il grano nascente: egli s’adirava, prendeva un fucile e colpiva lo sposo. Una notte, poi, sognò una lunga strada grigia, fra due siepi nere: una via senza fine, che attraversava tutto il mondo. Egli la percorreva, con un fascio di legna sulle spalle, come usava portarlo da bambino, quando per aiutare in qualche modo sua madre andava a raccogliere rami d’elce sulla montagna.

Cammina, cammina, veniva la notte, la strada non terminava mai. Egli aveva fame, sudava, tremava di stanchezza; la strada non finiva, e d’altronde egli non sapeva dove era diretto.

Laggiù, in fondo, dove il cielo scuro confinava con le siepi nere, si nascondeva un fantasma terribile come i fantasmi dei quali egli aveva paura