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dendo delicatamente la porta don Costantino Arthabella, il padre di Maria.

Stese la mano a Stefano, che s’alzò premuroso e serio, e facendogli cenno di sedersi pregò:

— Sta comodo, sta! — Poi si chinò verso don Piane.

Don Costantino aveva il portamento disinvolto e il passo lieve di Maria; era un bell’uomo sulla cinquantina, alto e scarno, col volto fresco e roseo e con una lunga barba bianchissima divisa in due: sembrava un gentiluomo antico, dalla cui dolce e serena fisionomia spirasse tutta la nobiltà di una stirpe, d’una razza leale e incontaminata. Vestiva signorilmente, ma intorno al colletto rivoltato della camicia non inamidata, invece della cravatta portava un fazzoletto di seta nera, avvolto e annodato secondo la moda del Primo Impero. Appena entrato lui, sparve l’imbarazzo; Stefano lasciò la sua infantile allegria e donna Maurizia si fece un po’ conciliante.

Un tempo don Piane e Kantine, come sua moglie lo chiamava, erano stati amici; ed ora, sebbene non si parlassero da circa tre anni, mercè la delicatezza di Arthebella parve che si fossero lasciati da pochi giorni.

— Come la va, Piane Arca?

— Siamo andati lontani stasera; questi ragazzi mi han fatto trottare come un puledro!