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— Tè, tè, Josto, vieni, pregò Maria, e siccome, invece di seguirla, il cane fiutava il guardaroba sotto cui si celava la gattina, lo prese dolcemente per il collare e, trascinatolo fuori, lo consegnò a zia Larenta, accorsa nell’andito per origliare.

— Dov’è il babbo? — domandò sommessamente la padroncina. — Se c’è, lo fai venir dentro subito.

— Subito.

Maria rientrò e chiuse la porta.

— Abbiamo fatto una bellissima passeggiata, ripeteva Stefano; donna Maurizia accendeva la lucerna, e don Piane, abbandonato e pallido, chini gli occhi al suolo, non sapeva in che mondo fosse.

Maria prese uno sgabello e gli si assise accanto per rincuorarlo.

— Una bellissima passeggiata, affermò anch’ella, ma evitando gli occhi di sua madre. — Non faceva nè caldo nè fresco, e la via è tanto buona. Quanto tempo non passavo per quella via!

— Pare che ti abbia fatto bene, — disse Stefano, guardandola alla chiara luce della lucerna. — Sei rossa come da molto tempo non ti vedevo.

— Da molto? — pensò donna Maurizia. Ma è da dodici giorni che la vedi, scimunito!

Silenzio di nuovo. Giungeva da lontano il mormorìo