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rosso liquido, vivo come corallo, che non turbavano ma anzi rendevano più nitida la tinta celeste dello sfondo. E i buoi, specialmente i due dal chiaro profilo, si disegnavano nitidamente su quel fondo cerulo, solcato di corallo: gli eleganti melograni dal vivissimo verde e dai frutti sanguinanti lasciavano intraveder l’orizzonte attraverso un sogno di intensa luce.
Ma sopra tutto dominava la purissima e fragrante scena campestre un ragazzo, il guardiano de’ buoi, ritto sul muro: la sua personcina, ergendosi nera e sottile, pareva campeggiar sull’orizzonte, sul fondo marmoreo delle lontane montagne.
Don Piane si fermò e sollevando il viso domandò:
— Di chi sono questi buoi?
— I nostri! — gridò il ragazzo, e la sua voce parve scendere da una grande altezza.
— E tu di chi sei?
— Di mio padre!
— Oh, di’, parla bene, o con chi ti credi? — gridò Stefano con voce rauca, sollevando la testa e il bastoncino.
— Son figlio di Simone Sacco vuoto, rispose il guardiano intimorito.
Don Piane rivolse altre domande, e mentre egli confabulava col ragazzo, dall’opposto lato della strada Maria diceva a Stefano, sollevando il viso ed il braccio: