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la febbre, perchè sentiva le piante dei piedi ardere e pulsare fortemente.

Con indifferenza si lasciò portar via don Piane, che non le diede neanche la buona notte, e risalì ansando le scale. Stefano gemeva e sudava per la febbre già alta e per il brodo bollente che Ortensia gli aveva fatto sorbire. Maria gli porse da bere, poi gli toccò la fronte, e ritraendo la mano lievemente umida per il sudore, provò un profondo senso di ribrezzo fisico: e tutta la figura di lui, disfatta, traspirante l’alito impuro della febbre, le diede un acuto, invincibile disgusto.

Coricata sull’ottomana del salottino ridotta a letto continuò a sentire una nausea, una stanchezza, nervoso irritamento contro gli altri e contro se stessa che era venuta a curare questa gente sciocca ed egoista fino allora avversa e che ricompensava con sgarbi e antipatia i suoi fastidi, come se ella fosse venuta a recare disturbo. Nel penoso dormiveglia tutti i passati rancori l’assalsero; tutte le impressioni della giornata le si riprodussero confusamente nel pensiero; e sopra tutte rivide la vasca e l’acqua a scaglie verdognole, il cui tremolìo pareva un sorriso di scherno.

— Perchè son venuta? — si ripeteva. Il cambiamento e quindi il disagio del letto, l’affanno del malato nell’attigua camera, il rosso chiarore della lampada notturna non la lasciarono ri-