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paurosamente: E se poi se ne va? — e chiuse gli occhi per sfuggire alla tentazione.
Tutta la sera passò tranquilla; don Piane dormì e disse, svegliandosi, di aver sognato il gattino grigio di Maria; poi volle scender con lei nell’orto, e le mostrò, con improvvisa tristezza negli occhi, l’alto muro giallo del cortile di Silvestra; poi la condusse in fondo, presso una larga vasca ombreggiata da due salici e vicina al muro occidentale, assiepato da rovi, che divideva l’orto dalla campagna.
Ella si fermò sotto i salici, colpita da uno straziante ricordo. L’acqua bassa che rabbrividiva nella vasca, d’un bel color glauco luminoso, rifletteva i pallidi salici, perlati dall’argenteo tramonto. Pareva un quadro di cristallo, su cui, dipinti misteriosamente, tremassero alberi dai rami argentei e dalle foglie di perle.
Al disopra del pittoresco muro, verde per l’umidità e pei rovi, si stendeva il cielo, un dolce e pigro cielo autunnale, tutto bianco solcato da lunghe e stagnanti linee d’argento, da striscie grigio perla, da pennellate d’un bigio soave e sbiadito: sembrava una lontana pianura intraveduta fra vapori, e il sole calante, pallido e senza raggi in quella bianca luminosità, somigliava a un grande e radioso disco di luna al tramonto.
Dai salici stillavano grosse e rade gocce e cadendo sulla vasca insieme a qualche silen-