Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 47 — |
lasciarle guastar l’orto?... — si domandò Maria. Si volse disgustata e provò un lieve sentimento di timidezza vedendo don Piane sulla porta. Lo guardò con grandi occhi paurosi; ma il vecchietto, la cui bocca era più che mai serrata ed invisibile, fissava Stefano, dimostrando una evidente ed offensiva noncuranza per lei. Tuttavia ella si fece coraggio, attraversò la camera col suo lieve passo elastico, e con l’alzar le sopracciglia accennando il malato, disse piano, piano: — Dorme.
Don Piane sporse un po’ le labbra bianche, ma subito le restrinse.
Sempre più intimidita Maria non trovò altro che dire, e rimase impalata vicino alla porta, mentre il vecchietto, passo passo e lentamente, si accostò al letto ed esaminò il dormente, che non si svegliò, o non volle svegliarsi.
Poi don Piane girò lentamente il viso intorno e s’avviò per andarsene, ma passando davanti a Maria inciampò e sporse le piccole labbra con tale infantile paura che la giovane sorrise ed ebbe pietà di quella minuscola vecchiaia così debole e così caparbia. Stese le mani, e prima che il vecchio protestasse, lo sostenne afferrandogli il braccio sottile e corto come quello d’un bimbo, e lo trasportò nel salottino senza quasi lasciargli toccar coi piedi il suolo. Se a fargli un’azione simile fosse stata Serafina, don Piane