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sfacciatamente nell’orto. — E zia Larenta? È al mulino?

— Maria è a letto, — ripetè con sussiego donna Maurizia, senza badare alle ultime domande. — Quando si leverà glielo dirò.

— Non se ne dimentichi. Il padrone vuol vederla e presto.

— Presto o tardi! — esclamò l’altra con sprezzo; e siccome Serafina, sporgendosi sulla porta, guardava sempre verso il molino, fu per scacciarla col manico della scopa, tant’ira e disprezzo ne provava.

— E zia Larenta? — ripetè la ragazza.

Nessuna risposta.

— È al molino? Ah, sì, eccola là! E salutò con la mano. — Se mi permette scendo laggiù.

Siccome il permesso tardava, la ragazza prese improvvisamente il piccolo viale che conduceva al molino, e andò laggiù con la scusa di salutar zia Larenta; ma in realtà per veder la gente che recava il grano da macinare.

Donna Maurizia le imprecò dietro a voce sommessa; poi guardò intorno, caso mai mancasse qualche oggetto, pur sapendo di malignare, e si domandò quale altro accidente fosse capitato a Stefano. — Chi sa che voglia morire e chiami Maria per combinare sul testamento da far eseguire a quel vecchio pazzo di don Piane!