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II.


Il ruscello non mentiva.

L’indomani mattina per tempissimo Serafina battè alla porta di donna Maurizia; siccome nessuno apriva, la domestica spinse con insolenza la porta ed entrò nell’andito, ov’era un acuto e grato odore di caffè bollente.

— Donna Maria? Donna Maria? — gridò la bella ragazza, che nella serena frescura del mattino aveva il volto d’un color di pesca.

La voce echeggiò sonoramente per l’andito; un gattino grigio dai grandi occhi verdi e diafani come due acini d’uva, sporse le orecchie frementi dall’uscio a mano sinistra, ma appena vide Serafina fuggì e si nascose vigliaccamente sotto il telaio.

— Son tutti morti! — pensò la ragazza avanzando. Tutti gli usci erano aperti, ed ella, dopo aver curiosamente messo la testa entro la stanza del telaio, infilò la porta di faccia e si trovò nella cucina. Una caffettiera bolliva sui carboni accesi di un fornello; da un’altra porta spalancata si scorgeva l’orto verde, fresco e luminoso.

Serafina fece un giro intorno a se stessa,