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Un volto straordinariamente caratteristico, di un bel tipo sardo-saraceno dal fine profilo, leggermente aquilino, gli occhi lunghi ed oscuri, quasi obliqui e socchiusi per lieve miopìa e la bocca grande, ma d’un taglio perfetto. I neri e lucenti capelli rialzati sulla breve fronte lasciavano scorgere le così dette sette punte delle capigliature, che dànno un ammirabile contorno al viso femminile; ma le cose che più colpivano Stefano erano un neo nell’angolo dell’occhio sinistro, e la bocca, quella bocca misteriosa, di cui ogni moto era un’espressione. Il labbro superiore un po’ rialzato dava al bianco e delicato volto una fisionomia lieta e infantile; ma il labbro inferiore, spaccato nel mezzo, rivelava con la sua linea pura e raccolta un’amarezza segreta e continua, un dolore senza nome e senza confine, una tristezza che dominava anche nel più sincero sorriso. Del resto Maria sorrideva poco, e il sorriso, breve e dolce, le moriva improvvisamente.
Stefano osservandola sentiva una profonda impressione. Cosa mai era stato il dolore suo e di don Piane in confronto a quello ineffabile e incessante di Maria? A un certo punto calcolò lo spasimo che doveva aver provato la giovanissima sposa nel vedersi ucciso il suo adorato pochi giorni dopo le nozze contrastate, e provò un terrore. Allora, improvvisamente, ebbe la percezione della piccolezza,