Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 280 — |
— Se Serafina m’apriva la porta aveva la speranza di sposarmi....
Stefano rise tanto di cuore, che la lieta vibrazione della risata tremolò per lungo tratto nel silenzio dello stradale.
— Tu, moccioso, tu? Tu pensi di pigliar moglie? E che moglie! E come ti prepari bene a diventar....
Un’altra ignobile parola, il più sanguinoso insulto che ad un uomo si possa dare. Bore sentì salirgli al collo ed al volto un’onda di sangue infuocato: e per colmo Stefano piuttosto rudemente gli battè il frustino sulla nuca.
— Vattene! Vattene subito, piccolo...
E due. Era troppo. Bore sollevò il volto infuocato, e gli occhi scintillarono verdi e velenosi come due pezzi di vetro.
— E lei? — urlò. — E lei è la stessa cosa! Ed è sua sorella che ogni notte apre la porta a Filippo Gonnesa!
E spronò ferocemente il cavallo, che sparò un calcio alla giumenta; le due bestie, una in direzione opposta, si diedero a correr disperatamente.
Come colto da vertigine, Stefano si piegò sul collo della cavalla ed imprecò. Solo dopo qualche istante tirò il freno; la bestia alzò la testa, poi cessò di correre. Allora egli rallentò il freno, e macchinalmente portò una mano alla nuca bagnata d’ardente sudore.