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credi tu, con le tue pecore forse? Parrebbe vero! — esclamò poi come fra sè; — che sia stato io a pigliar quella buona lana per il collo e gridargli: o dici il falso, o ti affogo! Ah, ah! ma bravi! Ed ora siete capaci di spargere questa voce per il paese?
— È già sparsa...
Vi fu un breve silenzio, durante il quale Stefano guardò con profondo sdegno il giovinotto.
— È già sparsa? — proruppe poi. — E chi l’ha sparsa? tu, forse?
— Io? — ed ora toccò al paesano di sorridere beffardo. — Ci valgo ben poco io! Si spargono in altro modo le voci, in altro modo si spargono...
— Vattene! — interruppe Stefano stendendo il braccio. — Non voglio trattenermi con te, ragazzaccio. Altrimenti questa sarebbe l’occasione per farti aggiustare un piccolo conto che tu hai con me...
— Che conto? che conto? — gridò l’altro con arroganza.
— Un certo bigliettino dato e non consegnato... E certe violazioni di domicilio che... ma cioè, no, non erano veramente tali perchè la porta te l’apriva quella...
Bore sorrideva; ma l’ignobile parola che Stefano pronunziò a proposito di Serafina lo indispettì nuovamente. E cominciò: