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inselvatichiti per mancanza di cure, e ricordò specialmente i lunghissimi fusti delle altee, coperti, all’ombra delle grandi foglie villose, dalle piccole coppe rosse, alabastrine e cremisine dei fiori senza stelo.
E i cavalli? E i cani? E i libri? E il cembalo? Ripensando a quest’ultimo ricordò la piccola melodia del bimbo dalla collana di fiori campestri, e la ripetè fra sè. Suscitata dal breve motivo dello stornello, gli sorse allora nella memoria, altro ricordo lontanissimo, ma stranamente distinto, la rimembranza d’una ninna-nanna logudorese.
Dove mai l’aveva udita? Forse, anzi certamente intorno alla sua culla, perchè nel rapido momento d’incoscienza causato dall’improvviso ricordo, il moto della cavalla che ora camminava al passo gli diede l’impressione del dondolìo d’una culla; e rivide l’antica culla di famiglia, di legno scolpito con strani bassorilievi rappresentanti draghi, chimere, sirene, foglie e frutta: immagini misteriose che avevano colpito le sue prime sensazioni infantili.
Dove si trovava ora la vecchia culla? Egli lo ignorava; ma forse doveva fra poco rivederla, perchè Maria, economa e scevra di modernità, l’aveva forse scoperta, tratta fuori, spolverata e rifornita di cuscini e coperte.
Ancor più distinta gli ritornò al pensiero l’antica ninna-nanna.
Deledda, La giustizia. | 18 |