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lo rendevano infelice: certi giorni si chiudeva in desolante mutismo, e rifiutava le usuali vivande per cibarsi di pane d’orzo inzuppato nell’acqua calda e condito con formaggio grattugiato; pietanza che rivoltava tutti i gusti aristocratici di Stefano e gli dava maledettamente ai nervi.
Non potendo più Maria occuparsi di certe faccende domestiche, ai primi di giugno si ricercò un’altra fantesca. Serafina, che ora guadagnava assai recandosi alle mietiture, interpose tuttavia molte persone per esser riaccolta: faceva umili patti e mille buone promesse. E Maria, la cui indole mite e poco decisa la spingeva a dimenticare e a perdonare, si sentiva propensa a riaccoglier la domestica; don Piane smaniava; forte della sua posizione, Ortensia pensava con certo gusto malvagio alle umiliazioni da infliggere alla antica compagna; ma Stefano si oppose formalmente e Serafina restò fuori e senza più speranza.
In quei giorni s’aprì a Nuoro la Corte d’Assise, e il secondo dibattimento fu assegnato contro Martino Felix, detenuto, accusato di complicità col defunto Saturnino Chessa nell’assassinio di Carlo Arca; mandatore Filippo Gonnesa contumace.
Da qualche tempo tutto il paese pareva invaso dai demoni: di altro non si parlava, nei crocchi, in farmacia, nelle famiglie agiate e