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delicata ombra d’una clematide arrampicata sui sostegni del pergolato. I quattro gattini, stupendamente grassi e belli nonostante l’abbandono della madre, lo seguivano docili, fermandosi un momento nel cortile a guardarsi in cagnesco con le galline; ma usciti nell’orto si arrampicavano di qua e di là, sugli alberi e sul pergolato, donde non eran buoni a scendere; e don Piane disperato li chiamava da prima dolcemente, poi minaccioso; ma essi correvano sui rami sporgendo furbescamente il musino, e soltanto allorchè si provavano a scendere senza riuscirvi, miagolavano flebilmente e partecipavano alla disperazione del vecchio. Allora Ortensia era costretta a intervenire con una scala a piuoli per ricondurre nelle basse sfere i piccoli avventurieri: ella saliva imprecando, li afferrava per il collo e senza pietà li scaraventava al suolo; e se don Piane protestava, ella gli si rivolgeva contro dicendogli delle insolenze. Dopo di che i gattini, un po’ storditi, scuotendosi e leccandosi, si sdraiavano al sole, e il vecchietto poteva legger tranquillo le amene corrispondenze dei villaggi sardi.

Dopo il breve risveglio delle antiche memorie e la rapida tenerezza per la madre del futuro erede, egli era ricaduto nel suo rimbambimento capriccioso e talvolta crudele: appena con qualche persona, egli sparlava del figlio e di Maria, lamentando che lo maltrattavano, che