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a farne ricerca, quando per fortuna rientrò Stefano.

— Forse è da Silvestra, diss’egli, corrugando la fronte.

Messo infatti un biglietto nella ruota, tosto Silvestra rispose che suo padre era là dentro da due ore. Non fu facile cosa il trarnelo fuori; bisognò far venire prete Arca; e, solo dopo molte preghiere ed esortazioni, la solitaria monaca fu lasciata in pace. Ma dopo questo incidente ella si chiuse dall’interno.

A poco a poco don Piane si acquietò, ed anzi parve scordar Serafina, immergendosi tutto nell’affetto profondo ed entusiastico per quattro gattini dati felicemente alla luce da Speranza; quattro cosette bianche e rotonde come gomitoli di seta, dagli occhi celesti-lattei e le orecchie, la lingua, il muso e le palme delle zampette che sembravano foglie di rosa. Dei dentini poi, dei giochetti, dei salti sul dorso della madre, che non finiva di leccarli per ogni verso, è inutile parlarne, perchè sono cose indescrivibili. Don Piane ne restava contento e felice, tanto che, pur recitando il Rosario e leggendo sulla Nuova le importantissime corrispondenze degli arrivi e delle partenze dei brigadieri ed uscieri e le corse dei cavalli nei villaggi, sorrideva di beatitudine.

I quattro gattini lo ricompensavano del perduto affetto di Serafina; tuttavia un giorno,