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ogni tanto alle labbra la punta del lapis, scrisse quasi una letterina amorosa.


«Mia cara Maria,

«Non inquietarti se non ritorno fino a domani. Sono a Nuraghe ruju e benchè i pastori dicano che non c’è nulla, spero stanotte di far grossa caccia. La sera è calda e bella: sembra d’estate. Penso a te. Se tu vedessi che bel luogo è questo e come ispira buoni sentimenti! Riguardo al P... ho seguito i tuoi consigli. Ti desidero, ti vorrei qui vicina, per sentir completamente la felicità di questo luogo e di quest’ora così bella. Vieni col pensiero e ricevi sulle labbra un affettuoso bacio del tuo

Stene».


Rileggendolo trovò il biglietto troppo intimo per esser spedito aperto.

— Avete qualche po’ di ceralacca nella capanna? — chiese scherzando.

— Perchè? — disse il ragazzo maliziosamente. — Per chiuder la lettera? Ma la chiuda con un po’ di pane masticato!...

— Puh! — gridò Stefano, e frugò diligentemente le grandi tasche della cacciatora: ne trasse una scatola di cerini, una candeletta di cera, due coltelli a serramanico, un paio di