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— In campagna.
— E questo giogo color di miele dalla faccia bianca come latte te l’hanno dato forse i tuoi padroni per la tua testimonianza falsa?
— Aquila antica, io non ho padroni, e non vendo l’anima mia per due bestie cornute.
L’altro rise stridendo, il Porri disse degli insulti e il vecchio imprecò:
— Che tu lasci le ossa delle tue bestie e le tue agli avvoltoi di Nuraghe ruju.
Subito arrivati, il bue s’era ammalato.
Il Porri raccontò questa storia lagrimosa con tanta passione, guardando con tale accoramento la povera bestia, che Stefano non sapeva se doveva sdegnarsi, o ridere, o aver pietà. Per tutta la sera, mentre il pastore attendeva con ansia il figliuolo, egli percorse la vasta tanca, sparando inutili fucilate che spaventarono le capre e facevano correr disperatamente i porci: visitò tutti gli ovili, e verso il tramonto risalì la montagna, fermandosi ogni tanto per contemplare il meraviglioso quadro che lo circondava. Il nitido tramonto autunnale accendeva di rosso le montagne della costa. I boschi giallastri, le macchie, i cespugli, le roccie, e ogni macigno, ogni pietra, ogni stelo, proiettavano lunghe ombre dolci e melanconiche giù per le chine solitarie.
Stefano seguiva la riva del ruscello, le cui acque, gialle al tramonto, passavano in un