Pagina:Deledda - La giustizia, Milano, Treves, 1929.djvu/203


— 195 —

sto non avesse preteso denaro in cambio della sua falsità? — No! — gridò la coscienza. Ed egli sorrise amaramente, ma senza più sdegnarsi nè contro il Porri, nè contro se stesso.

Sentì che quella mattina si era avviato verso le sue tancas per castigare il Porri, non della falsità, ma della verità detta al giudice. E sino a pochi momenti prima egli non aveva chiaramente distinto la debolezza della sua azione; anzi, uscendo da casa sua, gli era parso d’andar a compiere un atto di giustizia.

Sempre così nella vita!

Inconsapevolmente o per malignità, individualmente o riuniti in consesso civile, gli uomini errano nel giudicare sè stessi e gli altri.

Nel formulare questo pensiero, egli si credè illuminato da una gran luce di verità; ma invece di provarne amarezza sentì aumentare il senso di gioia che tutto lo animava; gli parve che il suo spirito si purificasse, diventando incorporeo e luminoso; e neppur rapidamente lo sfiorò il dubbio che anche in quel momento egli s’ingannasse, e, giusta la sua teoria, fosse fallibile giudice di sè e degli altri.

Ma un incidente abbastanza volgare lo scosse. Era il rotare d’una carrozza sullo stradale: s’udiva lo schioccar della frusta e il grido del vetturino.

I cani si levarono abbaiando. Stefano si sollevò e volse la testa; ma la vettura passò rapi-