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ser s’illudeva di trovare in sè un germe d’ideali che lo spronavano all’opera, mentiva.
Egli non desiderava lavorare, e sentiva disgusto per coloro che dicendosi socialisti non erano che egoisti invidiosi del bene altrui; e mai egli s’era doluto delle sue ricchezze, appunto perchè il suo istinto atavico, dominato dall’atanasia naturale della razza sarda, lo portava all’ozio e al disprezzo d’ogni sorta di lavoro richiedente opera manuale o sforzo intellettuale. Lavorare? Ma come e perchè? Il lavoro, tanto più se spronato dal bisogno, avrebbe acuito il suo pessimismo, forse rendendolo malvagio. Egli dunque mentiva a se stesso. Mentiva su tutto. Mentiva affermando segretamente che non amava più Maria perchè in lei non aveva trovato la donna superiore e spirituale dei suoi sogni. Ella era buona ed onesta, ed aveva finezze che niuna donna côlta poteva superare. Egli cessava d’amarla perchè la sua mala indole, ora che Maria lo amava e gli si era tutta data, lo portava al fastidio delle cose possedute; ed altrettanto avrebbe fatto con qualsiasi donna superiore e côlta.
Egli mentiva allorchè si sdegnava contro le vigliaccherie e le infamie umane: il suo non era il nobile sdegno d’uno spirito puro, ma la collera dell’uomo che dalle viltà e dalle menzogne altrui vede attraversati i suoi disegni. Avrebbe forse gridato contro il Porri se que-