Pagina:Deledda - La giustizia, Milano, Treves, 1929.djvu/171


— 163 —


— Ed io non ci ho pensato, ma può essere benissimo anche così...

— Ad ogni modo, ripetè la suocera, — hai fatto male a maltrattare il Porri.

— Perchè? Mi pento anzi di non averlo fatto ruzzolare per le scale.

— Meglio! Sta attento, Stefano Arca!

— Stefano Arca non teme nessuno, e tanto meno un animale vile, che altro non è, come il Porri. Cosa può farmi lui? Sono stufo! — gridò poi, battendosi la mano sulla fronte. — Sono stufo di tutte queste miserie che vedo, che sento, che...; e infine non sarò già io che aiuterò i furfanti!

— Tu non sai vivere, figlio caro, predicò donna Maurizia; — tu vuoi cambiare il mondo, ma il mondo cambia noi; e da grandi cose che ci crediamo ci riduce come spugne spremute e buttate via.

— Lasciamo le prediche! — disse Stefano. — Maria, dammi un fico.

Maria spinse il piatto ed egli, preso un fico, lo spezzò in due e stette a guardarne le lunghe fibre rosee sfumate in bianco.

— Arcangelo Porri! — esclamò. — Voi non sapete che pecora mala è Arcangelo Porri. Lo conosco io, e se questa volta si permette di non filar dritto lo farò stare così, dentro il mio pugno. Lasciò cadere le due parti del fico e strinse il pugno come se dentro vi com-