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vecchia domestica alzò il braccio verso la luna, predicendo disgrazie.
— Oh, zia Larenta mia! — si lamentò Maria, spaventata.
— Bisogna vedere con quanta serietà lo dite! — esclamò egli. — Pare impossibile ch’esistano ancora paesi barbari come questo!
— Don Costantino! — disse poi entrando nella stanza da pranzo. — Ha lei veduto la luna con la stella vicina? Tutte queste donne sono mezzo morte per la paura.
— Certo, qualche disgrazia deve accadere! — sentenziò donna Maurizia.
— Che altro accidente può succedere, se non la completa dispersione di paesi ignoranti e malvagi come questo?
— Oh, Stene! oh, Stene! — guardandolo col suo buon sguardo soave, dolcemente rimproverò don Costantino.
— Lasciatelo dire! Questa sera è d’un terribile umore..., — disse Maria, e, sorridendo, sedette nel suo antico posto favorito, davanti alla tavola ancora apparecchiata.
Deposti sulla tovaglia di lino un po’ azzurrognola stavano un vassoio con noci secche e un piccolo piatto con alcuni fichi lunghi, d’un cupo violetto appannato da una lievissima spruzzatura grigia; e non mancava il vaso della sapa scura e densa, su cui galleggiavano ovali fette di scorza d’arancio.