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tortigliati, che nel giro si cambiarono in quattro piccoli serpenti.
Visto l’inesorabile malumore del padrone, il pastore si pentì d’essere venuto in sì sfavorevole ora; ma, poichè ci era, volle tentare il colpo.
— Basta, — disse, curvando il viso in modo che la barba gli toccò la cintura di cuoio, — ella faccia quel che vuole, compare don Istene; ma come ebbe pazienza per il più, l’abbia per il meno. Sono venuto..., oh! sono venuto.... per questo.... — Frugò entro la borsa di pelle della cintura e ne trasse un foglietto sucido, piegato in quattro. — Guardi un po’, — conchiuse, rialzando il viso e porgendo il foglietto stretto fra l’indice e il medio della mano sinistra, mentre con la destra riabbottonava la borsa.
— Cosa è questo? Uno chèque? — ironicamente domandò Stefano che, molinando sempre la sedia, aveva seguito tutti i movimenti del Porri. Ma non prese il biglietto.
— Cosa è uno scek? Una citazione forse?
— Sì; giusto; una citazione al Tribunale! — esclamò Stefano, ridendo; e compreso a volo di che si trattava, lasciò in pace la sedia e prese il foglietto.
Maria venne vivamente avanti e stette a osservare, guardata acutamente dal Porri.
— Buona sera, donna Maria; e come sta? Grazie a Dio, si vede che sta meglio di me.