Pagina:Deledda - La giustizia, Milano, Treves, 1929.djvu/153


— 145 —

al cui avverso partito appartenevano (quei quattro erano anzi i capi, o meglio il partito stesso, non essendo gli altri che poveri seguaci).

Entrò Maria, chiudendo la porta senza voltarsi. Poco cambiata dal nuovo matrimonio, certo più felice del primo, serbava la stessa serietà semplice e infantile, la stessa primitiva e naturale eleganza; una blusa color rosa pallido ornata sul petto da striscie di velluto nero dava al collo e al bianco volto una leggiadra sfumatura; così vestita, a capo scoperto, coi capelli rialzati sulla fronte, ella sembrava assai giovane, freschissima e bella; ma l’espressione degli occhi e delle labbra conservava l’antica serietà.

Entrando nel salotto vide Stefano così rigido e tediato, non ostante la sua apparente occupazione artistica, che invece d’avanzarsi fino a lui si diede attorno a riordinar le sedie, indugiandosi in quest’operazione con la speranza ch’egli sollevasse il capo e s’accorgesse di lei. Ma l’ultima sedia era rimessa a posto e la sonora e quasi irritante allegria del piano proseguiva ancora.

Maria prese il vassoio e portandolo sul tavolino d’angolo ebbe occasione di passare vicinissima a Stefano; ma egli rimase a fronte china, e il suo anulare destro continuò a premer nervosamente un tasto nero. Allora ella, vedendolo così poco disposto ad accorgersi di

Deledda, La giustizia. 10