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do con intensità il rosario, le litanie e le antiche laudi sarde, che avevano un dolce ritornello:

                                   A Tie, Mama de amore,
                                   Costu mese consacramus. 1

Di notte, sfinita dai digiuni e dalle preghiere, andava a letto con una lieve vertigine che le velava i pensieri e le percezioni, e se talvolta aveva un desiderio ben definito, era questo il desiderio della morte.

Agli ultimi di maggio cominciò a piovere dirottamente, e per più d’una settimana Silvestra non vide che un cielo color di lavagna, sul cui triste sfondo passavano grandi nuvole squarciate da linee metalliche e da bagliori fumosi.

Sembravano livide montagne orlate di neve, e immensi piatti d’acciaio colmi di vapori bianchi e grigi. E la pioggia cadeva dirotta, con lunghi filamenti argentini; e fra il suo continuo e monotono fragore s’udiva un disperato coro di uccelli ricoverati sul noce, un concerto di imprecazioni cristalline e di lamenti.

Silvestra sentiva freddo, ma, sebbene conservasse ancora un cesto di legna, non accese il fuoco per penitenza.

Per un’interminabile settimana rimase così, con le mani esangui, gelide, col volto pallido; e

  1. A te, Madre d’amore, consacriamo questo mese.