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cadeva ella casa pisana, dai veroni aperti al sole ed all’amore?

Un’altra era là, nelle quiete stanze eleganti, un’altra che, se aveva sofferto, aveva però anche goduto, ed ora rinasceva alla vita con la vita dei fiori, mentr’ella, Silvestra, inaridiva come erba sterile strappata dalle aiuole paterne.

Era giusto ciò?

E, senza volerlo, senza saperlo, cominciò a pensare male di Maria, a scandolezzarsi per il fragile carattere della vedova, che non solo mancava di fede all’amore morto, ma si dava all’antico persecutore dello stesso amore. E, senza volerlo, senza saperlo, cominciò a chiedersi come ciò era avvenuto. Come Stefano si era innamorato della donna prima odiata e vilipesa? Come questa si era piegata? E don Piane? E i parenti di Maria?

Oh, che cosa, che cosa mai accadeva al di là dei muri gialli, che cosa accadeva sotto i noci vigilanti sul villaggio?

Ogni evento dunque mutava; si spegnevano dunque gli odî e i rancori, e sulle inimicizie domestiche spuntavano le rose dell’amore e della felicità, spuntavano pure e roride come quei delicati alabastrini steli che nascono sui terreni immobili, fecondati dalla rugiada? Solo per lei, per l’erba sterile e maledetta, gli eventi non mutavano, nè cangierebbero mai: per lei