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monaca di casa. Ella non aspettava nulla, e non aveva estasi, non ardori divini; solo talvolta, per semplice autosuggestione, s’infervorava nella preghiera, e per qualche istante le sembrava di esser sommersa in un’onda di viva luce, vicina a Dio ed alla Grazia; ma più che estasi era questa una sensazione di benessere fisico, nella cui momentanea dolcezza la mente obliava il passato e il cuore perdonava e si sentiva egoisticamente tranquillo per l’avvenire. Infatti provava questi momenti spirituali, non nell’oratorio, davanti alla Vergine del Carpaccio e sotto la porpurea luce del Sacro Cuore, ma quando stava a letto o lavorava quietamente al sole del cortile, nella luce azzurra de’ bei giorni sereni.
Nel mangiare, nel dormire, nel vestire, e infine in tutta la sua esistenza materiale, ella non s’imponeva nè sacrifizio nè penitenza convinta che per guadagnarsi il cielo bastasse la volontaria solitudine, la continua preghiera ed il lavoro per i poveri.
Durante l’inverno l’indifferenza e il suo distacco dal mondo parvero aumentare; anche la luce melanconica dei ricordi svaniva nel biancore fosco e continuo dell’aria gelata.
Nel cortiletto s’ammucchiava la neve cristallizzata dal gelo; in alto incombeva un quadrato di cielo basso e bianco, e a quel freddo riflesso