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solcate da grosse vene verdastre, tremavano sempre, facendo dondolare il rosario di madreperla bruna avvolto intorno all’esile polso.
Sotto il gilè, che sembrava un giustacuore antico, don Piane celava una collana di medaglie, crocette, reliquie, scapolari e persino un frammento di vera croce, acquistato a prezzo di diamante dalla vedova di un bandito; pregava continuamente e faceva elemosine, ma del resto era avaro, caparbio, odioso, ancora circondato di nemici e d’inimicizie.
Dopo aver preso tre mogli ricche e veduta sparire intorno a sè quasi tutta la sua generazione, aveva anche pianto il più giovane dei suoi ultimi figliuoli, Carlo, assassinato tre settimane dopo le sue nozze. Ora s’istruiva il processo, e gli Arca accusavano del delitto due pastori, di cui uno latitante, e come mandatore un certo Filippo Gonnesa, al quale era stata già negata la mano di sposa di Silvestra, ultima e sola figlia di don Piane; la quale dopo la morte del fratello si era fatta monaca di casa, rinchiudendosi in quattro stanzette edificate appositamente a fianco della casa paterna.
Così a don Piane, perduti gli ultimi figliuoli, restava soltanto Stefano; ma, forte ancora di ciò, il vecchio sperava di viver fino a veder sterminati tutti i suoi nemici; e pregava la giustizia divina e aiutava la giustizia umana per l’adempimento delle sue vendette.